Creare intorno alle persone un ambiente funzionale, accogliente e gradevole: è questa la mission che si è data l’architetto Barbara Sembianti. Naturale che per festeggiare i primi dieci anni del suo studio, L’AB (L’Architettura Bioecologica), abbia voluto regalare a un fortunato gruppo di parenti, amici e collaboratori e clienti una visita esclusiva al MAO, con tanto di guide incaricate di presentare il meglio di ogni sala ai visitatori suddivisi in gruppi chiamati “colonne” e “archi”. Se la colonna è fondamentale, l’arco è così importante da aver ispirato il logo dello studio, che infatti rappresenta in maniera estremamente stilizzata un arco a tutto sesto ribaltato di novanta gradi, con un tirante in orizzontale a costituire l’apostrofo e la A e la B a emergere come i primi segni concreti di un’attività professionale frutto di una metodica originale e controcorrente.

Perché la scelta ha privilegiato proprio il Museo d’Arte Orientale? La ragione è intimamente legata al concetto di Architettura Totale che L’AB STUDIO persegue, ritenendolo da sempre faro irrinunciabile. Dalla componente edile a quella dell’allestimento degli interni, la gamma degli interventi possibili è così ampia che occorre un’accorta regìa in grado di calare i primi ragionamenti sull’involucro in un percorso che permetta di inserire l’oggetto del proprio lavoro, sia esso una casa, un ufficio o un negozio, in un disegno armonico rispetto al territorio che dopo tutto lo ospita. Dall’armonia alla bellezza il passo è breve, e chi se non le popolazioni orientali ha dimostrato quanto sia necessario dare profondità alla gradevolezza fatalmente temporanea delle forme con il valore eterno dell’accoglienza? Così il buffet al cospetto dei giardini giapponesi ha magicamente chiuso il cerchio delle emozioni aprendo la strada ai prossimi passi professionali.

L’AB ha la strada tracciata: obiettivo principale è stringere con sempre maggiore perseveranza un rapporto empatico con il cliente che, quando non cede alla tentazione (spesso marcata in chi si prepara a investire il proprio denaro) di dar vita a una sorta di braccio di ferro con il professionista per cercare di metterci il più possibile del suo, si rivela il principale alleato dell’architetto e, numeri alla mano, della propria stessa attività. Per ottenere brillanti risultati il committente non ha scorciatoie: deve fidarsi! L’AB STUDIO non può che guardare con riconoscenza a chi lo ha fatto e per il proprio supermercato o negozio ha potuto certificare l’aumento di 15, con picchi di 17 punti percentuale a pochi mesi dall’autentica rivoluzione del punto vendita.

Su quale postulato poggia questo cambiamento di paradigma? Sul rifiuto dell’idea dell’architetto deputato a lasciare un segno sulla Terra, anche quando si tratta di cattedrali nel deserto, indossando invece le vesti del professionista desideroso di imprimere un segno, questo sì, indelebile, nell’animo delle persone. Una sensibilità che Barbara Sembianti fa risalire ai primi anni del liceo per svilupparsi compiutamente nel percorso universitario, vissuto come intriso della logica megalomane che collocava l’architetto sopra tutto e tutti. Eppure ci sono stati periodi storici nei quali era considerato quasi uno stregone, grazie alla sua abilità nel cogliere le vibrazioni più sottili delle persone e quindi le loro necessità. Non è un caso che proprio nelle epoche caratterizzate da questa percezione l’architettura abbia donato al mondo capolavori eterni.

Per raggiungere lo scopo del sarto di cucire un abito su misura del committente, L’AB STUDIO coltiva l’abitudine di ascoltare per ore i commenti dei visitatori nel giorno dell’inaugurazione di un punto vendita e spesso rivolge loro delle domande mirate, ovviamente non presentandosi nel suo ruolo, per andare oltre le impressioni più semplici: bello! …luminoso! Il rispetto verso le persone si traduce anche nell’abbandono del luogo comune per cui i messaggi ai clienti si debbano “urlare” mediante cartelli con colori accesi e scritte a caratteri cubitali. Ascoltare ogni singolo giudizio ed evitare quell’overbooking di informazioni in grado di produrre soltanto confusione rientrano a pieno titolo nel concetto di Architettura Totale, che richiede un’altra attitudine: quella di saper fare rete con altri professionisti. Tutto questo senza appesantire la struttura dello studio con altri soci e consentendo al committente di potersi avvalere della competenza di 18 affermati professionisti, ognuno nel proprio settore di competenza, senza versare una somma aggiuntiva. Di volta in volta il committente paga al professionista il corrispettivo dovuto senza alcun ricarico.

La struttura snella de L’AB è dovuta al particolare momento storico in cui è nato lo studio, alla vigilia del credit crunch internazionale del 2008. Pur avendo conseguito i due master, legati alla Bioarchitettura e al lavoro nei Paesi in Via di Sviluppo, la certezza che non fosse percorribile l’apertura di uno studio votato unicamente alla Bioarchitettura era lampante, così per ampliare il ventaglio di soluzioni e di committenti Barbara Sembianti ha optato per avviare uno studio di Architettura Bioecologica, con una particolare attenzione alla Bioclimatica. Lo stesso nome L’AB permette in particolare ai francofoni di associare l’attività a quella di un laboratorio e l’impostazione decisa alla nascita resta immutata.

Per renderla sempre più al passo con le nuove tecnologie, nel corso della festa al MAO sono state presentate due App che potranno essere utilizzate da tutti i possessori di dispositivi mobile, dagli smartphone ai tablet. L’ambito è quello commerciale, legato alla progettazione dei negozi e dei supermercati. “TESTA IL TUO NEGOZIO” permette l’autovalutazione del proprio esercizio commerciale attraverso 60 domande, alle quali rispondere in 15 minuti, che spaziano dall’analisi di aspetti più propriamente legati all’architettura a quelli attinenti alla psicologia e alla comunicazione. L’App viaggia in combinata con una seconda, “IL MANUALE”, che condensa una grande mole di dati riferiti ai lavori realizzati da L’AB nel corso del suo primo decennio di attività.

L’esperienza del rapporto empatico con le persone ha rafforzato in Barbara Sembianti una convinzione: il concetto di bellezza è presente in noi ed è più oggettivo di quanto si possa immaginare, tanto che “di fronte a una serie di oggetti, la grande maggioranza delle persone indica gli stessi individuandoli come belli. All’interno del canone della bellezza ci possono essere preferenze, ma a solo livello di gusto”.

Parafrasando la leggenda attribuita agli indiani Cherokee, dentro di noi vivono due lupi, quello che si nutre del bello e quello che si alimenta con il brutto. Cresce quello a cui dai da mangiare.

Gianluca Gobbi